Il Miele

Il Miele e l'uomo...

..da cacciatore di miele ad apicoltore, dagli antichi Egizi all'apicoltura moderna..

il miele è e resterà sempre nell'immaginario collettivo il frutto del lavoro dell'ape,

il "nettare degli dei"

Alimento dolce e profumato, troviamo accenni sul suo uso in cucina, in cosmetica e in medicina già al tempo delle civiltà babilonese e egiziana, tant'è vero che all'epoca dell'unificazione dell'Egitto da parte del faraone Menes (3150 a.C. circa) il sovrano dell'Alto Egitto era simbolizzato con l'ape. Ma ancora prima  è stato nutrimento fondamentale delle tribù di cacciatori nomadi che popolavano la Terra. Ancora oggi possiamo ritrovarne i segni nella civiltà boscimane, cacciatrice di miele da tempi ancestrali; per i boscimani il consumo di miele, seppur occasionale, è apporto fondamentale di vitamine e micronutrienti molto preziosi per la prevenzione di raffreddori e bronchiti.
Le proprietà del miele sono diverse a seconda del fiore su cui l'ape raccoglie il nettare, perché la sua attività antimicrobica ha duplice origine: la pianta e l'ape.

Trattare qui esaurientemente le tante proprietà del miele risulta praticamente impossibile: ci basterà fare accenno ad alcune di esse:

Totalmente innocuo qualsiasi sia la quantità ingerita, non provoca effetti di intolleranza; solo i diabetici gravi dovranno astenersene. Casi di allergia al miele sono probabilmente dovuti alle particelle di polline che quel determinato miele contiene; questi microscopici grani di polline sono usati per determinarne l'esatta origine floreale (sono dunque segno di qualità);

Essendo composto di zuccheri semplici la sua assimilazione è immediata e non richiede all'organismo nessuno sforzo; per questo è un'alimento perfettamente adatto allo sportivo, in quanto aumenta la resistenza alla fatica e riduce i tempi di recupero;

Possiede un'azione dinamizzante, antiossidante, favorisce una buona fissazione del calcio e del magnesio nelle ossa, dai  tempi antichi usato per favorire la cicatrizzazione delle ferite e la cura delle ustioni, lenisce la tosse, riduce il ph gastrico nei casi di ulcerosi, febbrifugo, protegge cuore e fegato, ipotensivo, sedativo.

E'composto per   l'83% da zuccheri, per il restante 17% da acqua.
La sostanza secca è composta per il 70% dagli  zuccheri semplici fruttosio e glucosio, in parte minore da disaccaridi (9%) e polisaccaridi (da 1,5% a 6%); altri zuccheri sono contenuti in tracce.
Tra gli altri componenti ricordiamo enzimi, aminoacidi, vitamine, sali minerali, oligoelementi, fattori antibiotici naturali, acidi organici. Pigmenti come carotenoidi e flavonoidi, che determinano la colorazione del miele, sono particolarmente importanti dal punto di vista nutrizionale.
Tutti questi elementi variano a seconda dell'origine floreale dei diversi mieli.

DALLE PIANTE IL NETTARE, DAL NETTARE - grazie alle api - IL MIELE

Pochi di noi hanno probabilmente un'idea di come il nettare sia stato alla base del successo evolutivo non solo delle api, ma di una larga parte delle piante che popolano oggi il nostro pianeta, le Angiosperme.
Il nettare è secreto da apposite ghiandole delle piante chiamate nettarii, il cui scopo era originariamente quello di eliminare le sostanze zuccherine presenti in eccesso nell'organismo vegetale.
IN SEGUITO L'EVOLUZIONE HA FAVORITO UN CAMBIAMENTO SORPRENDENTE: visto che tali sostanze attiravano gli insetti, le piante che avevano i nettarii situati nei fiori risultavano particolarmente favorite nella fecondazione: mentre l'insetto vola di fiore in fiore a succhiare il nettare trasporta minuscole particelle di polline (la parte maschile) da un fiore all'altro depositandolo sulla parte femminile e rendendo così possibile la fecondazione. Le Angiosperme, grazie agli insetti, risultano oggi la specie vegetale dominante: altre specie come le felci sono invece minoritarie.
Vi ho detto dove l'insetto succhia il nettare (dai nettarii dei fiori); ora passiamo all'ape: mentre raccoglie il nettare lo deposita nella sua borsa melaria: qui l'ape inizia la trasformazione da nettare a miele con l'arricchimento di enzimi (cioè di molecole biologicamente attive: ne è un esempio l'invertasi, che trasforma il saccarosio presente nel nettare nei due zuccheri semplici glucosio e fruttosio). Tale processo continuerà all'interno dell'alveare tramite la trofallassi, quel particolare processo proprio degli insetti sociali che attuano una sorta di passaggio del testimone finchè la sostanza zuccherina non arriva a destinazione nelle apposite celle adibite a magazzino. Vi è tuttavia un'altra importantissima funzione svolta dalle operaie: quando il nettare viene raccolto possiede un'umidità dell'80% circa: tramite  un processo di estrazione dell'acqua prima, e un'evaporazione passiva poi (quest'ultima per mezzo della costante ventilazione delle api) l'umidità si abbassa fino al 17% circa: a questo punto le operaie ceraiole sigillano la cella-magazzino con un tappo di cera che permette una perfetta conservazione di quello che adesso può essere chiamato MIELE.

Miele allo stato fluido. Il colore scuro è dovuto alla presenza di melata d'abete

Vi è tuttavia un tipo di miele non derivante dal nettare: la melata. E' anch'essa una sostanza zuccherina, ma non è raccolta dalle api nei nettari dei fiori, bensì sulle foglie o sui rami. Ma chi la produce? Alcuni insetti succhiano la linfa della pianta, la filtrano, e lasciano depositate sulle foglie e sui rami le sostanze zuccherine di cui non hanno bisogno perché il loro organismo non è sviluppato per assimilare gli zuccheri come invece l'ape, che raccoglie queste sostanze e le trasporta nell'alveare mettendo in atto lo stesso processo di arricchimento e deumidificazione come per il nettare. Queste sostanze zuccherine sono a differenza del nettare più povere di zuccheri, ma più ricche di aminoacidi e oligoelementi.
Particolare pregio nelle zone di montagna è riconosciuto al miele di melata d'abete, caratterizzato da un colore scuro, di sapore particolare e da una lenta cristallizzazione dovuta all'alto contenuto di fruttosio.

Cos'è la cristallizzazione?

Anche qui entrano in gioco gli enzimi, queste molecole biologicamente attive presenti nel miele: alcune di esse favoriscono un processo per cui il miele si trasforma da liquido a cristallino. La cristallizazione può essere più o meno fine, ma deve sempre essere uniforme: un'alterazione del sapore, la formazione di aloni e la fermentazione (in alcuni casi la capsula del vaso può deformarsi o aprirsi) sono invece segno di un miele che è stato estratto prima che le api terminassero il processo di riduzione dell'umidità. POSSIAMO PERO' TRANQUILLAMENTE DIRE CHE LA CRISTALLIZZAZIONE E' UNA GARANZIA DI QUALITA' perché GARANTISCE COME IL MIELE NON SIA STATO SOTTOPOSTO A TRATTAMENTI DI PASTORIZZAZIONE.
Nel loro libro "Curarsi con tutti i prodotti delle api" (ediz. Red 2006)  T. Cherbuliez, medico svizzero e il collega R. Domerego, naturopata, scrivono:
"[...] la pastorizzazione a 78° C [...] questa operazione, provocando la rifusione dei cristalli di glucosio, avrà l'effetto di evitare la cristallizzazione del miele e di mantenerlo allo stato liquido. Ma questo è un metodo che, come abbiamo già detto, sconsigliamo vivamente. La ricchezza del miele consiste precisamente nell'essere un alimento vivente, e alcune sue proprietà essenziali scompaiono nel corso di questo riscaldamento, che lo sottopone a uno stato di stress brutale e inutile. La sterilizzazione sistematica è uno dei tanti punti deboli della nostra civiltà. Come se, perdendo il contatto con la natura, l'uomo avesse iniziato a temerla".

Tuttavia, se non siete amanti del miele cristallizzato potete metterlo a bagnomaria a 40° per qualche decina di minuti per riportarlo allo  stato fluido.

E per finire...

Enjoy it!

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